All’epoca dei fatti che mi accingo a raccontare, l’uragano Irma aveva aggredito da poco Bonita Springs, risucchiandosi la robusta staccionata in legno, che divideva la nostra proprietà da quella dei miei vicini di casa e che provvedeva parzialmente ad attutire voci e schiamazzi.
Per cui, ogni volta che sentivo parlare la signora dal suo lanai, avevo quasi l’impressione che si trovasse nel mio giardino, sotto la finestra della mia camera da letto.
Una pensionata molto tranquilla e riservata, che vive col marito, la vicina.
Quel giorno, tornato a casa da lavoro, entrai in camera per cambiarmi, mentre appunto la signora stava parlando al telefono nel suo lanai.
Lì per lì, nulla di strano, non era la prima volta che accadeva, alle 5 del pomeriggio.
Nelle ore successive, però, mi capitò di passare dalla mia camera diverse volte e sentirla sempre lì, al telefono.
Parlava con voce cantilenante, pacata, senza mai alzare i toni, ma senza nemmeno mai fare pause: sembrava quasi che aldilà della cornetta non ci fosse nessuno, o perlomeno che l’interlocutore fosse in ascolto paziente e passivo da qualche ora.
La cosa iniziò a incuriosirmi.
Dopo cena, stava ancora chiacchierando. Non saprei spiegare come, ma, gradualmente mi fu chiaro che si trattava ancora della stessa telefonata, mai interrotta.
La cosa iniziò a stupirmi.
Pensavo alla persona dall’altra parte, con le orecchie ormai bollite e senza mai spazi di tempo per rispondere e riposare i timpani: davvero, non si avvertivano pause, nella conversazione della signora.
Io e la Vivi mettemmo a letto le bambine e rassettammo la cucina. Fuori ormai era buio.
Un sottofondo di grilli friniva, in accompagnamento alla litanìa della signora.
Andammo a letto che stava ancora parlando. Non era cambiato nulla dalle 5 del pomeriggio, ma, in realtà, la telefonata, che ormai stava assumendo caratteristiche da guinness dei primati, poteva essere incominciata ben prima.
Avrei potuto giurare che non si fosse mossa mai da lì, nemmeno per andare in bagno, almeno una volta.
Io e la Vivi guardammo un film noir, di quelli con qualche sparo, fumo dai tombini, tanta suspence e un cadavere nel bagagliaio, i cui dialoghi e colonne sonore riuscirono a schermare per un paio d’ore la telefonata infinita della mia vicina.
Giunti i titoli di coda, colpo di scena!
La signora stava ancora parlando al telefono.
Ci siete cascati, eh?
Anche io, all’epoca.
La cosa, quindi, iniziò a impensierirmi.
Decidemmo di lasciarle comunque ancora un po’ di tempo. Spegnemmo la luce e provammo a dormire: dopotutto, a breve, sarebbe dovuta stramazzare.
Per sonno, disidratamento, inedia. Logorrea. Asfissia.
Fucilate.
Ma poi, davvero qualcuno dall’altra parte della cornetta stava ancora ascoltando impassibile da ore la telefonata della signora?
Mistero.
Mezzanotte e ancora non potevamo prendere sonno.
Talk talk talk. Zero pause.
All’una, ancora svegli, con la sua nenia in sottofondo.
Ero indeciso se affacciarmi e chiederle educatamente di spostarsi almeno in un’altra zona della casa, o se andare a prepararmi i pop corn, per assistere rassegnato al resto della telefonata.
Mentre mi accingevo a cucinare i pop corn, la Vivi, a mia insaputa, ruppe gli indugi, uscì in giardino e optò per la prima soluzione:
– Please, madam… Thank you.
Mossa inutile.
Forse anche un po’ scellerata.
Dopo un breve silenzio, la vicina, riprese come niente fosse: non aveva alcuna intenzione di interrompere la sua avvincente conversazione.
Iniziammo a valutare se non fosse opportuno chiamare lo sceriffo.
Good night Sheriff!
Non riusciamo a dormire perché la nostra vicina parla al telefono ininterrottamente da ore, nel suo lanai!
Help!
Tecnicamente, non si potevano nemmeno definire “schiamazzi notturni”, perché lei non alzava mai il tono della voce, usando un volume normale. Ed era a casa sua.
E continuava imperterrita a chiacchierare.
Tanto che, esasperato, mi decisi e chiamai lo sceriffo.
Va detto: malgrado l’orario, la mia chiamata fu presa subito in carico e nel giro di cinque minuti lo sceriffo era già sul posto, nonostante il mio racconto inverosimile, sbadigliato al telefono in anglo-maccheronico, tipo “Ciù gust is megl’ che uàn”.
Nessuno mai saprà cosa avrà pensato il poliziotto che mi ha risposto e ascoltato pazientemente al telefono, quella notte.
Tra le veneziane abbassate della nostra finestra, spiammo la volante dello sceriffo con i lampeggianti accesi, parcheggiata nel driveway della vicina. Ascoltammo di soppiatto l’agente, che con tono bonario invitava la signora ad andare a dormire.

Finalmente.
Finalmente tra le braccia di Morfeo, io e la Vivi sobbalzammo nel letto, svegliati da un bussare nervoso e ripetuto alla finestra della nostra camera.
Chi poteva mai essere, alle tre di notte?
Inoltre: con chi aveva conversato, ininterrottamente per ore al telefono, la mia vicina di casa?
Ma soprattutto: cosa diavolo è un lanai?!?
Scopriremo insieme tutti questi enigmi enigmatici nel secondo tempo di… “Notte noir americana”!